Nuovi Profumi, una storia di coraggio al femminile

La vicepresidente della cooperativa, Claudia Florio, racconta le difficoltà ed i traguardi raggiunti da 32 dipendenti dopo la messa in liquidazione della ex Morris

Da sinistra: Angelica Fogliati, Claudia Florio, Marianna Castellazzi

“L’anima femminile della Nuovi Profumi è immediatamente percepibile, appena si entra in cooperativa. C’è fermento. Sono tutte impegnate in produzione: chi imbottiglia, chi etichetta, chi passa con il carrello per trasportare i flaconcini…Ad accoglierci è una piccola delegazione di socie: Angelica Fogliati, Marianna Castellazzi e la vicepresidente Claudia Florio. È lei che ripercorre con noi la storia della Nuovi Profumi, riportandoci con i ricordi a quattro anni fa, quando tutto ha avuto inizio…

“Era il 5 febbraio 2020 – racconta Claudia – quando ci è stato comunicato che l’azienda per cui lavoravo, la Morris Profumi, era in crisi e sarebbe stata messa in liquidazione. Un colpo durissimo. Tutti avevamo intuito che ci sarebbe stata una ristrutturazione, ma non ci aspettavamo una chiusura. Non eravamo preparati.”

Una doccia fredda. Nel periodo peggiore, quello della pandemia…

“Sì, è stato un momento drammatico. Poco tempo dopo è scoppiato il Covid, il 16 marzo è arrivato il blocco totale di tutte le attività. Iniziarono le call a distanza con dipendenti e sindacati per cercare di gestire questa situazione complessa che coinvolgeva oltre 100 lavoratori. Alla fine di aprile, è emersa l’idea di creare una cooperativa, suggerita dall’ex presidente della Morris, il dottor Borri insieme al liquidatore Ranalli, e sostenuta da Legacoop tramite “Workers Buyout” * e dai Sindacati.

E come è stata accolta questa soluzione?

“Eravamo tutte molto spaventate, non sapevamo nemmeno cosa fosse una cooperativa. Dovevamo metterci in gioco e investire per costruire. In 32 abbiamo deciso di accettare la sfida di rigenerare l’azienda, eravamo in maggioranza donne. Con il supporto di Alessandro Torsiglieri (attuale presidente della Cooperativa), che era già un punto di riferimento in Morris, siamo riuscite a trovare la motivazione per affrontare questa sfida. Abbiamo richiesto l’anticipo della Naspi per costituire il capitale sociale, e nel luglio 2020 è nata la cooperativa Nuovi Profumi.”

Ed eccovi oggi qui. Una storia di grande coraggio…
“È stata una vera avventura, in cui a prevalere è stata la determinazione di un piccolo gruppo di donne. I primi mesi sono stati durissimi. Tra la burocrazia legata alle licenze per l’alcool e la trasformazione dei nostri ruoli, non eravamo più dipendenti ma imprenditrici di noi stesse, in una dinamica nuova. La cooperazione rappresentava un modo di lavorare completamente diverso. Oggi, continuiamo a ringraziare le nostre famiglie, che hanno creduto in noi e hanno compreso il sacrificio che stavamo facendo. I primi due anni sono stati davvero impegnativi, con la costante preoccupazione di non riuscire a reggere e di dover restituire l’anticipo della Naspi che ci era stato liquidato per costituire la quota sociale.”

A distanza di 4 anni, con il senno di poi, rifareste la stessa scelta?
“Sì. Un’esperienza che ci ha fatto crescere anche professionalmente. Nonostante le tantissime crisi che tutte abbiamo affrontato. Abbiamo dovuto imparare da zero, capire i meccanismi di gestione, compensare le perdite economiche dovute al Covid. Il nostro è un settore legato al commercio, quello della profumeria, e durante il lockdown sono stati chiusi tutti i centri commerciali, mentre l’estero era bloccato. È stata una fase devastante.”

Come avete fatto a resistere sul mercato?
“Con piccole produzioni di gel igienizzante, siamo riusciti a non fermare mai le macchine. In quel periodo, dove una goccia d’alcool era introvabile, siamo riusciti ad andare incontro alle istituzioni, alle amministrazioni, alle forze dell’ordine, all’Avis… È stato un aiuto per loro, una sopravvivenza necessaria per noi. La nostra passione e dedizione, unite alle nostre competenze, hanno fatto la differenza nel sopportare la fatica della ripartenza. Siamo molto orgogliose del nostro coraggio.”

È aumentato il numero di soci?
“Sì, oggi siamo in 44 soci e 5 dipendenti. La presenza femminile resta sempre la maggioranza, abbiamo solo 10 uomini. Non è solo per il tipo di produzione. Siamo uno dei pochi posti che ancora non fanno turni. Il nostro orario va dalle 8.20 alle 17, con tre pause nell’arco della giornata. Siamo una cooperativa attrattiva per le ragazze giovani. Alcune sono state prese come interinali, poi hanno chiesto di entrare a far parte della cooperativa, con il desiderio di portare avanti questo progetto. Significa che l’atmosfera è bella ed il lavoro piace. Si tocca con mano la possibilità di crescere. Di entrare come operaie di linea e, se c’è voglia di imparare, diventare capomacchina nel giro di poco tempo. Non è una prospettiva scontata nelle aziende.”

Non conoscevate lo spirito cooperativo, ora cosa pensi della cooperazione?
“È tutto diverso. In Morris, come penso in molte multinazionali, c’è il distacco tra fabbrica e alta direzione. Nella cooperativa ci sentiamo tutti molto coinvolti e partecipi, ci ascoltiamo in modo costruttivo per migliorare. La visione deve essere a 360 gradi, essere anche in grado di tirarsi su le maniche e andare oltre il proprio ruolo, chi fa amministrazione può ritrovarsi in produzione ad aiutare, dove le proprie competenze lo permettono.”

Quale ruolo ha avuto Legacoop nella vostra storia?
“Il nostro capitale sociale è anche composto in parte dalle società partner di Legacoop, sia CoopFond che CFI. Senza il supporto di Legacoop non ce l’avremmo fatta, dalla redazione della parte documentale al business plan, ci hanno aiutato in tante attività e ancora oggi abbiamo il loro supporto.”

Una delle soddisfazioni più grandi?

“Il nostro progetto di rilancio ha consentito ad una ex dipendente Morris di poter andare in pensione l’anno scorso tra le mura dell’azienda alla quale aveva dedicato una vita. Lo diceva sempre: “voglio andare in pensione in queste mura”. Il suo sacrificio e la sua competenza ci hanno aiutato tantissimo, siamo riusciti a realizzare per lei questo piccolo sogno che ha chiuso in positivo la sua lunga carriera lavorativa in Nuovi Profumi.”

Quali sono i prossimi obiettivi?
“Consolidare i rapporti con i nostri clienti, stabilizzare sempre di più il bilancio. Conseguire alcune importanti certificazioni: SA8000, ISO 14001, parità di genere e bilancio di sostenibilità. Nel 2025, partirà anche un nuovo contratto che prevede l’implementazione di una nuova linea.”

Cosa avete mantenuto dalla ex Morris?
“All’inizio, avevamo conservato il marchio Morris. Poi, le circostanze difficili ci hanno costretto alla decisione di cedere il marchio e dedicarci alla produzione in contoterzismo. Un passo importante che ci ha permesso di ripartire, perché i primi due anni, come dicevo, sono stati un bagno di sangue, avevamo quasi eroso il capitale sociale dei lavoratori. È stata una scelta impegnativa ma necessaria, quella che ci sta permettendo oggi di raggiungere obiettivi e avere una prospettiva di crescita.”

Il sogno di una linea propria?
“L’abbiamo, perché nel cassetto abbiamo mantenuto un altro marchio che è silente da un po’ di tempo a Parma, ma che aveva una grande storia: il Florbath. Una linea che non era mai stata potenziata dalla Morris, noi vorremmo farlo rinascere.”

Di fatto rappresentate anche la storia di Parma, che vantava una filiera nella profumazione…
“Sì, la Morris era un’azienda storica, nata a Parma nel 1946. Penso che anche per la città aver mantenuto questo indotto abbia un valore. Nel 2024, ci è stato consegnato il Premio Sant’Ilario.”

La prossima grande sfida?
“Una grande spada di Damocle, purtroppo. Siamo alla ricerca di un immobile, l’attuale non sarà più disponibile dal 2027. Dobbiamo trovare un edificio idoneo alla nostra attività e che consenta anche di aumentare la capacità produttiva. Questa è una nuova grande sfida, che affronteremo con determinazione. La ricerca dell’immobile è già partita. Se siamo arrivati fin qui, non possiamo più fermarci. E accetteremo tutti gli aiuti che ci verranno offerti per raggiungere anche questo traguardo”.


* Il WBO Workers Buyout è un’azione di salvataggio dell’azienda, o di una sua parte, realizzata dai dipendenti che subentrano nella proprietà.  I lavoratori investono le loro risorse – dall’anticipo della mobilità (Naspi) al conferimento del TFR – e sostenuti da CFI possono utilizzare i fondi messi a disposizione della legge Marcora (L. 49/1985) per assumersi la responsabilità della gestione della azienda, scommettendo sul loro futuro.

Uno strumento di politica attiva del lavoro, le imprese rigenerate si sono dimostrate un valido strumento per trasformare il sussidio di disoccupazione in incentivo allo sviluppo, creando nuova occupazione.

Fonte CFI (Cooperazione Finanza Impresa)

 

WRITTEN BY

 

 

 

 

 

Rosaria Frisina, giornalista, web editor e social media manager. Ha alle spalle un’esperienza ventennale nel settore della comunicazione, collabora da freelance con enti e aziende. È ideatrice di format, ama raccontare storie, la scrittura è la sua passione, l’informazione e la cura dei contenuti l’anima del suo lavoro. 

 


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