Lotta per i diritti: Parma teatro del primo sciopero femminile in Italia

La vicenda, ripercorsa attraverso i documenti dell’Archivio Storico Comunale di Parma, è raccontata nella mostra Donne allo Specchio, Eleganza, emancipazione e lavoro nella moda tra ‘800 e ‘900  – Palazzo Bossi Bocchi


Taglio del nastro della mostra Donne allo specchio – Palazzo Bossi Bocchi

Parma, 1907: la città, polo industriale e manifatturiero che lentamente si affaccia sul mercato nazionale e internazionale, sarebbe diventata, di lì a poco, la culla del primo sciopero femminile in Italia.

La vicenda, ripercorsa attraverso i documenti dell’Archivio Storico Comunale di Parma, è raccontata nella mostra Donne allo Specchio, Eleganza, emancipazione e lavoro nella moda tra ‘800 e ‘900 a Parma, a Palazzo Bossi Bocchi, aperta fino al 25 maggio 2025.

Uno dei maggiori distretti manifatturieri della città è la produzione di busti, o corsetti, un settore che impiega circa 1.000 operaie, per lo più ragazze dagli 11 ai 23 anni, provenienti dai quartieri popolari, tra cui quello dell’Oltretorrente.

Ogni mattina, queste giovani attraversano la città per raggiungere le fabbriche, dove lavorano in condizioni massacranti dalle 9 alle 17 ore consecutive. Ognuna ha un compito preciso: tagliatrici, cucitrici, molliste, ricamatrici, orlatrici, puntatrici, infilatrici, occhiellatrici, stiratrici. Ogni settore corrisponde a una fase della produzione e il lavoro è retribuito a cottimo: il salario medio si aggira intorno a una lira, massimo una lira e mezzo al giorno. I ritmi sono insostenibili e l’igiene nelle fabbriche è pessima. Inoltre, le operaie devono attenersi a un regolamento rigido, con multe e licenziamenti immediati in caso di infrazione. A sorvegliarle ci sono le “maestre”, caposettore spesso invise alle bustaie.

Ormai esauste dalle ingiustizie fisiche e morali a cui sono sottoposte le bustaie decidono di ribellarsi. È il 24 luglio 1907 quando inviano un “Memoriale” ai proprietari dei quattro principali bustifici cittadini. Il documento, redatto da Alceste De Ambris, sindacalista rivoluzionario e segretario della Camera del Lavoro di Parma, porta il timbro della Lega delle Bustaie con il simbolo di una stecca da busto che, da oggetto di costrizione si fa simbolo di emancipazione e liberazione.

Tra le richieste principali figurano l’abolizione del salario a cottimo a favore di una paga fissa giornaliera, la riduzione dell’orario di lavoro e il miglioramento delle condizioni igieniche e morali nelle fabbriche. Il Memoriale conclude con un ultimatum, fissando il termine per una risposta alle ore 12 del 28 luglio 1907.

Di fronte al rifiuto degli industriali, il 28 luglio 1907 le bustaie proclamano lo sciopero, che si protrae per cinquanta giorni. Parma si dimostra più solidale che mai: l’intera città sostiene le operaie che senza salario affrontano enormi difficoltà economiche. Anche le fasce più povere donano ciò che possono alle scioperanti, supportate dal giornale “L’Idea”, organo della Federazione socialista di Parma, che denuncia le condizioni delle lavoratrici e raccoglie fondi per aiutarle, difendendole dai canzonamenti degli industriali che le dipingono come prive di maturità politica e sociale, manipolate, anzi “innamorate” di De Ambris, il “biondo messia” con idee rivoluzionarie.

Dopo quasi due mesi, il 16 settembre 1907 si giunge a un accordo. Gli industriali riconoscono la Lega delle Bustaie, concedono un aumento percentuale sul cottimo, fissano il limite di apprendistato gratuito a tre mesi e stabiliscono un orario ordinario di nove ore, oltre le quali le operaie ricevono il pagamento degli straordinari. Sebbene il salario giornaliero non venga ottenuto, la protesta segna un passo fondamentale per i diritti delle lavoratrici e rappresenta il primo accordo collettivo nella storia del sindacalismo italiano, aprendo un nuovo capitolo nella lotta per i diritti di tutti i lavoratori.


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