RITRATTI/Elena mora / scrittrice
A soli 13 anni Elena Mora è già Alfiere della Repubblica, titolo che le è stato conferito lo scorso 11 marzo dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “per il suo impegno e le sue qualità di scrittrice, coltivate sin da quando era più piccola e ora sbocciate nel primo romanzo”.
Hai già vinto tanti concorsi letterari, cosa ti ha dato più soddisfazione?
Il primo concorso letterario a cui ho partecipato è stato “I colori della vita” di San Giuliano di Puglia. Avevo otto anni, e sono arrivata terza con una poesia. Ho vinto 50 concorsi, e ognuno di essi è stato meraviglioso: ho avuto modo di conoscere persone che condividevano la mia passione e ho passato momenti indimenticabili alle premiazioni, sempre sostenuta dalla mia famiglia. Una delle premiazioni che mi è più rimasta impressa è stata quella del Premio Internazionale Città di Sarzana.
Il riconoscimento di Alfiere della Repubblica ti è stato conferito per il tuo impegno nel corso del 2020, un anno funestato dalla pandemia, come l’hai vissuta?
La pandemia per noi ragazzi è stata e continua ad essere un vero sacrificio: la scuola è fatta sì d’istruzione, ma anche e soprattutto di rapporti umani con i compagni e gli insegnanti. Ci stiamo però impegnando per cercare di dare il nostro contributo per migliorare le cose. Cerchiamo, soprattutto, di accorgerci della bellezza della normalità: troppo spesso ci dimentichiamo quanto sia bella e sana la nostra vita di sempre.
Qual è il primo ricordo che hai collegato alla scrittura?
I libri sono sempre stati una parte fondamentale della mia vita. Mi rifugiavo nelle pagine dei libri e i personaggi diventavano miei amici: ho sempre trovato nelle storie la via verso la libertà. Dalla passione per la lettura è nata la passione per la scrittura. Ricordo che, quando non sapevo ancora scrivere, dettavo ai miei genitori delle storie, poi rilegavo i fogli e facevo un piccolo libriccino, con tanto di disegni ai lati delle pagine. Una delle prime storie che inventai fu a proposito di una streghetta che non riusciva a compiere magie malvagie, ma alla fine veniva accettata per quello che era. Avevo più o meno cinque anni. Ho iniziato a scrivere seriamente quando i miei genitori mi hanno regalato un computer, per la Comunione: è così che è nato il mio primo libro.
Con il tuo romanzo, “La stella in più”, ci porti nella Germania del 1938. Grethe, la protagonista, è una spensierata ragazzina tedesca dodicenne che si trova a dover affrontare le ingiustizie del regime nazista. Cos’hai in comune con lei ?
Io non sono Grethe e lei non è me. La conosco nel profondo, conosco i suoi pensieri, le sue paure, i suoi sentimenti, so cosa la fa stare bene e cosa no. I nostri ideali sono gli stessi e penso che ci troveremmo ad agire nello stesso modo in determinate situazioni. Eppure, lei è molto più coraggiosa di me. Grethe è fortissima, anche se non lo sa. Le voglio bene, in qualche modo è una parte di me.
Hai già in mente quale sarà la prossima storia che ci racconterai?
Quando ho finito di scrivere “La stella in più”, ho iniziato un nuovo romanzo. Dopo qualche mese di scrittura – ero arrivata circa a metà – ho preso una delle decisioni più difficili che potessi prendere: ho sospeso la scrittura.
Come mai?
Avevo i miei motivi. Innanzitutto, non avevo la minima idea della storia e di come sarebbe continuata. Inoltre, ero rimasta troppo legata a “La stella in più”: il romanzo era sempre ambientato in Germania e aveva una protagonista troppo simile a Grethe. Adesso mi è venuta un’altra idea e sono sicura che stavolta sia quella giusta.
Stai già lavorando ad un nuovo libro?
Ho scritto solo tre capitoli, ma posso anticiparvi che è tutto giocato su alcune domande fondamentali. Fra il bene e il male, quale dei due prevale sull’altro? Il confine fra bene e male è sempre così definito? Quelle che normalmente sono considerate luci, quindi, hanno anche delle ombre? Le ombre hanno delle motivazioni per essere tali? La storia si sviluppa su questi interrogativi e sul tema della diversità. Spero che vi piacerà.