Citizen Science, quando la ricerca è partecipata e sul campo

Se ne sente parlare sempre di più, sta rivoluzionando il modo in cui affrontiamo le sfide scientifiche contemporanee. È la Citizen Science, la scienza che apre le porte ai cittadini, promuovendone la partecipazione attiva, consentendo loro di contribuire direttamente alla scoperta e comprensione del mondo che li circonda.

Cosa significhi esattamente, lo abbiamo chiesto a Cristina Castracani, biologa, specializzata in etologia, professoressa a contratto dell’Università di Parma, dove ha avviato il primo corso, attivato in un ateneo italiano, dedicato interamente alla Citizen Science. “È un nuovo modo di fare ricerca, in cui si coinvolge un pubblico non professionale nel processo di raccolta e analisi dei dati scientifici  – spiega in sintesi -. Un approccio che include, in realtà, una vasta gamma di persone: cittadini, studenti, volontari appassionati di natura, associazioni, comunità… – aggiunge –, per dirla in breve: un pubblico interessato a contribuire alla ricerca senza necessariamente possedere una formazione scientifica accademica.”

 Chiunque, quindi, può partecipare ad un progetto di Citizen Science?

“Sì, qualsiasi individuo che voglia mettere le “mani in pasta”, toccare con mano. Bastano: interesse, passione e curiosità. I ricercatori hanno l’anima di Peter Pan, sono adulti che conservano viva la curiosità tipica dei bambini, quella che spinge a chiedersi: “perché?”.  Non è un caso che le scuole siano oggi uno degli habitat più naturali della Citizen Science. Entriamo con una domanda, che si moltiplica in altri mille quesiti. Ovvio, si tratta sempre di ricerca scientifica, il metodo è rigoroso, c’è una domanda alla quale si cerca di dare una risposta. Si parte da ipotesi, si passa attraverso la raccolta dei materiali, si processano i dati con protocolli di analisi ben definiti.

Però, la Citizen Science ha preso piede proprio nel momento in cui ha iniziato a valorizzare la partecipazione dal basso. All’inizio, i cittadini davano una mano nella fase della raccolta del dato. Adesso, si va verso l’idea di stimolarli a proporre domande sperimentali che vengono dal loro vissuto e dalla loro esperienza. Il volontario viene coinvolto nei vari step, partecipa attivamente alla ricerca. L’elemento distintivo, fondamentale per non far confusione nel definire un progetto di Citizen Science, è proprio la consapevolezza di quel che sta facendo, non deve essere solo un sensore.”

 Un esempio di ricerca Citizen Science a Parma?

School of Ants: a scuola con le formiche”, partito dieci anni fa a Parma, che ha fatto da città pilota, dall’idea di un gruppo di ricerca universitario: io, Fiorenza Spotti, Alessandra Mori, Donato Grasso.

Il progetto nasce come un accurato censimento delle formiche che vivono in città, in quanto insetti bioindicatori della qualità ambientale. Esistono 15000 specie differenti di formiche, in Italia 270. Ma abbiamo poche informazioni su quelle che popolano le aree urbane, come ad esempio la specie Tetramorium caespitum, che gli americani hanno battezzato “pavement ant”, le formiche da marciapiede. Non sono aggressive, ma sono numericamente dominanti. Vivono in aree antropizzate, non solo parchi urbani ma anche edifici, cortili, sfruttando le risorse che trovano, si adattano. La ricerca consiste nel mapparle per valutare gli effetti dell’impatto antropico sulla biodiversità urbana.”

Come si è svolto il progetto pilota di Parma?

“Il progetto ha avuto come focus le scuole, con l’obiettivo didattico di coinvolgere i ragazzi nella ricerca sul campo, attraverso il metodo di apprendimento bottom up, che ha entusiasmato tutti i partecipanti. Gli studenti hanno raccolto campioni di formiche per i ricercatori, i quali hanno poi analizzato le specie e restituito un feedback dei dati raccolti. I risultati dello studio sono stati pubblicati in un articolo scientifico, che ha comparato le specie parmigiane a quelle che vivono in città americane, con la sorprendente scoperta che alcune sono le stesse, pur vivendo in continenti diversi. Si tratta, quindi, di specie trasversali, generaliste, accomunate dall’habitat urbano.”

Come si misura la biodiversità con le formiche?

“Le formiche sono utilizzate come bioindicatori per la loro diffusione e perché tessono legami con diverse componenti dell’ambiente. Il monitoraggio scientifico serve, quindi, a rilevare eventuali cambiamenti di equilibrio dell’ecosistema in cui si muovono. Per fare un esempio che aiuta a comprendere: ci sono piante che si affidano alla formica per il trasporto dei semi, se tolgo la formica interrompo un processo vitale. Il progetto da Parma si è poi allargato a livello nazionale, si è espanso grazie alla collaborazione con il Museo delle Scienze di Trento (MUSE) ed in particolare con la dottoressa Maria Vittoria Zucchelli. Sono stati già coinvolti: 2582 studenti; 91 insegnanti; 44 province; 14 regioni;  sono state censite 63 specie di formiche, che corrispondono a circa un quarto delle specie che abbiamo in Italia.”

Cresce l’interesse per le scienze tra i giovani?

“Un po’ di più del passato, così come cresce la presenza delle donne. Però resta l’idea che la scienza sia roba complicata, per pochi eletti. Inoltre, molto spesso nelle scuole si parla di ricerca alludendo alla medicina, quando, invece, i rami della scienza sono tanti e diversi. Ma la Citizen Science, ed il metodo della ricerca sul campo, possono essere leve strategiche per aiutare ad avvicinare i ragazzi alle materie scientifiche.”

Ci sono campi in cui la Citizen Science è più diffusa?

“È nata inizialmente nel monitoraggio ambientale, dove il volontariato è molto attivo ed utile.  Successivamente, si sono sviluppati tanti progetti in altri ambiti, dall’osservazione astronomica alla catalogazione naturalistica, dagli studi biomedici a quelli fisici. Fotografie scattate sul campo da inviare ai ricercatori, la geolocalizzazione per monitorare i fenomeni atmosferici e le temperature, la raccolta tramite kit di materiali da consegnare per le analisi in laboratorio, sono alcuni esempi pratici di come si collabora. La Citizen Science aiuta a ridimensionare il luogo comune della ricerca scientifica come una “torre d’avorio.”

Parma è il primo Ateneo ad attivare un corso universitario totalmente dedicato alla Citizen Science, quali sono gli obiettivi formativi?

“Sì, si è dimostrato un ateneo all’avanguardia. L’insegnamento è stato attivato per l’anno accademico 2023-2024, come complementare (a scelta) nell’ambito della laurea triennale in Scienze della natura e dell’ambiente (SNA). Si tratta di un corso trasversale, significa che può essere scelto anche da studenti di altri corsi dell’ateneo. Si parte dai concetti base, per fornire un’idea di quali dovrebbero essere i punti saldi per lo sviluppo di un progetto di Citizen Science. Dalla definizione ai campi di applicazione, dalle tecnologie utilizzabili ai casi studio, si sviluppano le abilità teoriche pratiche per avviare ricerche basate su una corretta metodologia. Occorre essere in grado di combinare le competenze professionali dei ricercatori con quelle di chi collabora senza avere conoscenze scientifiche, ovvero i volontari coinvolti dalla Citizen Science.”

L’attivazione del corso ha avuto successo?

“Direi proprio di sì, l’aula è partecipata, ma abbiamo ricevuto anche richieste da fuori Parma, non solo studenti, proprio perché non esiste in Italia un insegnamento universitario interamente dedicato all’argomento.”

La Citizen Science è più diffusa all’estero?

“È ormai una metodica anche italiana, ma solo negli ultimi anni sta prendendo una forma più riconosciuta in ambito formativo scientifico. Sono io stessa socia fondatrice dell’Associazione italiana di Citizen Science, nata nel 2023 per promuovere la scienza partecipativa. Lo scorso novembre, abbiamo organizzato il primo convegno nazionale a Pisa, con una partecipazione inaspettata. Una bellissima esperienza, che ha attirato persone provenienti da diversi livelli e aree di competenza, dai responsabili dei musei ai docenti, dai ricercatori ai professionisti della comunicazione scientifica. Una platea eterogenea che ha arricchito il convegno di spunti originali e motivanti.”

Progetti futuri che coinvolgono Parma?

“Abbiamo appena vinto un bando promosso dalla National Biodiversity Future Center, grazie al quale avvieremo un progetto di Citizen Science con l’Ente di Gestione per i Parchi Emilia Occidentale. L’obiettivo è monitorare la biodiversità nelle aree naturali, grazie all’aiuto dei cittadini. L’Oasi di Ghirardi è l’area protetta individuata, dove verranno coinvolte le scuole in percorsi didattici. Partiamo dagli insetti, per raccogliere dati con metodi quantitativi che possono essere utilizzati dai ricercatori. I risultati li avremo nel 2025 e saranno condivisi prima con tutti i partecipanti al progetto e poi anche con la comunità scientifica attraverso delle pubblicazioni.”

Cristina Castracani sarà ospite giovedì 15 febbraio, alle ore 17.30 nella Sala Conferenze dell’Assistenza Pubblica in viale Gorizia 2/a Parma, relatrice dell’incontro ad ingresso libero: “Tutti in campo per la ricerca naturalistica”. Un’occasione per approfondire con lei la Citizen Science.

È il primo appuntamento della rassegna “CO – SCIENZA. Natura, Arte e Salute”, un nuovo Ciclo di incontri organizzato da  ADA associazione donne ambientaliste e Società Parmense di Scienze Naturali. Per maggiori info sulla rassegna clicca qui

 

 

WRITTEN BY

 

 

 

 

 

Rosaria Frisina, giornalista, web editor e social media manager. Lavora tra Parma e Milano, nel settore della comunicazione e del giornalismo sanitario. Ama raccontare storie, la scrittura è la sua passione, l’informazione e la cura dei contenuti l’anima del suo lavoro.              

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